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“L’austera oscurità volontariamente mantenuta in questo luogo permette alla luce, sintetizzata e plasmata in materia architettonica, di risplendere e dimostrare il proprio potere. Colpendo le superfici delle cose ne delinea i profili, producendo ombre dietro gli oggetti ne coglie la profondità. Il rapporto con l’esterno, risolto mantenendo inalterati ritagli privi di ornamenti in massicce murature in pietra, appare come un vero e proprio gesto di rifiuto verso il mondo esterno. Essi simboleggiano la pura aspirazione alla luce, non concepiti per il piacere di vedere ma semplicemente per consentire l’ingresso della luce nella forma più diretta. Le aperture, realizzate con grossi riquadri in acciaio ossidato, appaiono come severi segni incastonati in fori irregolari della vecchia muratura, dai quali però mantengono un rispettoso distacco. La luce viene segmentata e scava con precisione l’oscurità, pungendo lo spazio e facendo scivolare la vita nei luoghi. La qualità dello spazio è ricercata attraverso la valorizzazione del vuoto, la permeabilità visiva e la dissoluzione di ogni elemento se da un lato è portatrice di individualità delle parti, dall’altro assicura un sottile gioco di relazioni visive, svelando la reale essenza del luogo. Un elemento centrale è sintesi di tutto ciò che serve, ora è cucina, ora è bagno, ora il più funzionale dei corpi illuminanti. Ciò che resta si esaurisce in uno spazio continuo dove la monotematica essenzialità dei materiali accoglie la vita che in esso si concretizza. Trattare lo spazio come un’entità continua, fluida e ininterrotta, si concilia con il modo di intendere la stanza come reale godimento artistico. Ne risulta un’entità spaziale che rende possibile un tipo di percezione diretta e libera ognuno lasciandogli la facoltà di delinearsi un percorso personale; si auspica uno spazio dove la libertà stessa diviene un momento estetico. L’architettura del luogo, che dall’ordine geometrico deriva quiete ed equilibrio, acquisisce invece dinamismo attraverso l’assunzione dei movimenti umani. Gli occhi di chiunque attraversi questi spazi, incontrano prospettive che si sovrappongono. Il contatto con la materia è la premessa per dare forma allo spazio, il cui ordine non risulta più connotato della sola geometria bensi’ quale fonte di stimoli emozionali. La scelta di quattro materiali nobili , quali pietra, legno , ferro e vetro per risolvere l’intero spazio semplifica i mezzi espressivi eliminando quanto non è essenziale e ponendo cosi le premesse per il fondersi della casa con l’esperienza di chi in essa vive. Lo sforzo è quello di attribuire ai materiali il significato del “tutto” e quindi di intervenire sui dettagli. La materia, sempre naturale e mai artefatta o abbellita, diventa espressione; la lavorazione viene mostrata in quanto traccia del percorso dell’idea architettonica dal “tutto” alle “parti”. Dalle scelte e dalle difficoltà incontrate in questo percorso derivano i dettagli del progetto. Il blocco centrale pare riflettere lo scandire del tempo, da algida scultura color ghiaccio si plasma in eterea materia luminosa. La luce assume consistenza, diviene materia, elemento determinante del progetto e scultore di tutte le cose. Filtrata dal diaframma in corian della struttura, la luce si diffonde dolcemente nell’ambiente interno e si dilata. Si mescola all’oscurità e dà forma a spazi dalle gradazioni differenti. La tecnologia diviene presenza necessaria ma silenziosa. La tecnica si eleva ad architettura in quanto viene dotata di un linguaggio proprio. Ciò che compete ad una cucina è scolpito nella “materia luce”, un taglio longitudinale scava le vasche ed il piano lavoro, due estese ante celano ripiani ed elettrodomestici. Alla luce appartiene anche il bagno, libera esibizione di elementi differenti appoggiati o a sospensione. L’acqua, a cascata dal soffitto, dilava la pietra, incide il pavimento per sgorgare addomesticata. La luce a tratti eterea ed abbagliante trasfigura lo spazio generando illusione, astrazione, emozione. Il modulo pavimento, piano continuo in travertino classico posato senza fughe, diviene terminale dell’involucro in pietra e dimensiona lo spazio. Dal disegno di una singola piastrella si scalano tutti gli elementi; nemmeno le scale di collegamento dei due livelli interrompono la continuità del piano che pare modellarsi scendendo di quota. Il piano pavimento appare scisso dall’involucro, rispettoso di una preesistenza, pare adagiato come un’enorme lastra di pietra grezza incastonata tra murature della medesima materia. Nella fascia di rispetto, lungo il perimetro dei muri, alloggiano organicamente gli impianti la cui sintesi è affidata a terminali luminosi a stelo, cuore di comando dell’intero spazio.”