Con tale ipotesi macro_urbana intendiamo proporre un immagine di città in grado di creare supporti spaziali ed organizzativi aperti all’ibridazione ed all’evoluzione temporale, suggerendo metaforici scenari urbani possibili e non forme statiche e prestabilite di un modello di città cristallizzato nel tempo e nello spazio.
Leggendo il tessuto urbano, respirando la storia e sfiorando relazioni quasi impalpabili che Roma con la sua complessità offre, abbiamo preferito sviluppare una teoria che si scosta dai tradizionali mezzi d’analisi per ottenere un’ organizzazione fluida dello spazio urbano.
Attraverso tecnologie sottili e forme transitorie si ha la volontà di esplorare stati d’equilibrio in continua trasformazione caratterizzando la città come sistema vivente mutevole secondo ritmi accelerati rispetto ai suoi tradizionali rapporti spazio_temporali.
Si vuole risolvere la contrapposizione di termini tradizionalmente antitetici – interno/esterno, pieno/vuoto, pubblico/privato, collettivo/individuale – attraverso l’osmosi e l’integrazione di fenomeni materiali ed immateriali.
Questa nuova identità urbana è fatta di reti invisibili, di legami impercettibili e d’identità multiple creando interazioni con il processo sociale per la formazione di un senso collettivo del luogo abitato.
Così abbiamo pensato di guardare la città dall’alto, da una quota superiore rispetto a tutte le preesistenze e montare lì la nuova città del futuro.
Tutto non per negare relazioni con l’ambiente reale ma al contrario per delinearne di più complesse e virtuali, intendendo con virtuale un sistema parallelo ed interagente con quello della realtà
Liberando il territorio e smaterializzando la densità costruttiva viene a definirsi un nuovo organismo dell’abitare fatto di stratificazioni.
Livelli differenti che garantiscono integrazione e continuità comunicativa.Ogni strato nasce modificabile e dinamico, può essere colonizzato o liberato, cosicché l’azione architettonica determini flussi connettivi ed interspazi tra differenti attività: pubbliche, private, semipubbliche o di attraversamento.
Il cielo diviene abitato_ non invaso, la terra liberata_ non spopolata.
Intendiamo raffigurare la città con spazi che siano contemporaneamente tutto e niente, che significhi il meno possibile nell’espressione ed il più possibile nella sua potenzialità di velocità, metamorfosi ed iterazione.
L’architettura si trasforma in struttura variabile, la struttura si auto-produce, si auto-organizza e si auto-distrugge attorno al tempo ed alle relazioni fisiche.
Non è più entità unica ed assoluta ma un sistema che in realtà contiene gradi di fisicità infiniti.
Scendendo alla scala dell’area di studio e d’intervento del sito abbiamo ritenuto efficace realizzare un master plan che individuasse un asse urbano che percorre l’intera superficie e che soprattutto s’ identifichi come colonna vertebrale generatrice di ciò che abbiamo nominato architettura auto_organizzata e auto_prodotta.
Tale operazione permette l’instaurazione di rapporti continui e relazioni mutevoli con il restante territorio costruito, apportando adeguati potenziamenti all’intero sistema.
Si abbracciano alla struttura residenziale, servizi, verde, e spazi dedicati al tempo libero. S’innescano infrastrutture e mezzi di produzione.
Tutto qualificato come sistema vivente con fluidi a sviluppo tentacolare.
Di fondamentale importanza, il rapporto con la natura e l’interazione tra spazi per la collettività. Natura e socialità come corridoio connettivo di carica vitale.
L’abbraccio tra le differenti attività è contraddistinto da infinite possibilità di relazioni, osmosi tra le parti definiscono un nuovo modo di usufruire dei notevoli interspazi che vengono a formarsi.
La residenza diventa servizio, quindi biblioteca, cinema, teatro, ambulatorio, scuola, market, museo……..
Interscambia con la natura consegnando orti, giardini e spazi attrezzati per il tempo libero e lo svago.
Si relaziona con le infrastrutture e con le attività produttive donando confort.
Questo tentativo d’urbanità vuole evidenziare rapporti sociali misti, età diversificate, mescolamento razziale, accoglienza nei confronti delle persone disabili, classe sociale e differenti tipologie familiari.
Si vuole favorire l’integrazione abbattendo il modello d’intervento mirato a singole situazioni sociali.
Certamente può sembrare un’ipotesi provocatoria o ancor meglio idealista, ma come dire se così non va!…..
Proviamoci!!!