Metropoli senza sguardi, senza tattilità, con profumi senza odori, cibi senza gusto, con società spoglie e spogliati spazi, fatte di rimbombi senza nomi, di conflitti e scontri senza verbi, di oggetti che sembrano ma non sono, di pupazzi, burattini e fantocci che pensano di pesare.
Cori di volgarità, lucida crudeltà, oggetti estranei, comodità accidentale e differente dimensione della realtà.
Virtuali realtà, contenitori senza contenuti, paesaggi senza sfondi, abitanti senza abitazioni e carreggiate abitate, popolate, invase e rigurgitanti come fiumi in piena.
Scenari di città malate, sotto assedio.
Megalopoli in via d’esplosione fatte di edifici spazzatura e terreni di rifiuti.
Luoghi in cui chi trionfa è il piacere istantaneo; dove quel che domina è l’immagine scattante di uno spot, l’interno di un centro commerciale o le produzioni televisive di un qualsivoglia reality schow.
È tempo di ripensare l’orgia dei fantasmi prodotti, alle turbolenze d’immagini, bisogna rivedere la realtà attraverso sconfinamenti disciplinari incontrando spazi di libertà per superare costrizioni identitarie; articolando ogni progetto su idee strategiche in grado di mettere in sinergia percezioni, strumenti, linguaggi capaci d’intercettare luoghi sconosciuti, rischiando e provocando connessioni altre…… senza necessariamente complicare, anzi……per capire.
Appare il bisogno d’immaginare l’architettura come una disciplina allargata, appare il bisogno di leggere la città oppure di fantasticare ciò che la sostituirà con una serie di eventi ed episodi infiniti.
Vogliamo riflettere intrecciando aspetti sociali, culturali, urbanistici ed architettonici da leggere all’interno di un percorso evolutivo che porti elementi d’accelerazione e di complessità.
Vogliamo che ci sia un distacco dal figurativo, richiamando una ragione concettuale che manipoli le operazioni mentali fondate su concetti filosofici astratti creando distinti spazi-limite in profondità fino al vuoto.
Vogliamo cercare lo spazio altro, diverso, uno spazio che non c’è, uno spazio invisibile, che immaginiamo, che è nei nostri desideri.
Uno spazio che confini con lo spazio della lontananza, con lo spazio dell’utopia.
Uno spazio interattivo tra soggetto e oggetto cancellando ogni sorta di limite fisico.
Uno spazio trascendente, latente, dalle geometrie invisibili, vuote.
Lo spazio dell’ assenza.
Lo spazio dell’utopia, della verità non ancora esplorata o intaccata dalla logica del mercato.
Oggi pende dal centro della riflessione quale sia il modello ideale della città del domani.
Da tempo si dice che l’architettura è morta, che l’arte è distratta, che noi progettisti siamo disorientati e che disorientiamo.
Insomma, l’universo della metafora urbana in questo momento sembra vuoto, sterile.
Noi vogliamo focalizzare tutto su un unico referente: la società, dando il potere alla persone, al pubblico.
Vogliamo un’architettura senza architetti.
Vogliamo immaginare altro, lavorare sugli ostacoli socio-culturali, scioglierne contraddizioni, ambiguità e conflitti.
La politica capitalista tende ad impossessarsi dello spazio in modo totalitario. Il suo scopo è quello di isolare l’individuo in una cellula, per ridurne le proprie possibilità d’azione, concedendogli solo un piccolo numero di comportamenti preordinati.
Ora l’uomo deve reinventare se stesso, ottimizzare tecnologia ed economia per finalizzare i propri bisogni e i propri consumi.
Ora l’uomo deve stare dentro la cultura, dentro l’architettura, dentro la città, esplorando in questa internità tutte le possibili libertà.
X_city è una megastruttura che raccoglie problematiche urbane, territoriali e sociali, codificandole e risolvendole.
X_city è lo spazio della trasformazione dove il disagio s’ingabbia e libera la sua energia.
È la terapia d’urto.
X_city è l’evento shock, è il rimedio alla confusione sociale.
X_city è fantasia, è immaginazione.
È il confine di un continuo confronto, è stimolo di future dimensionalità e di nuovi processi evolutivi.
X_city accoglie la società che vuole conoscere, osservare, approfondire e farsi guidare per condurre e gestire.
Così il progetto interpreta e decodifica la realtà sociale e attraverso rappresentazioni simboliche, le rielabora, le consolida e le trasforma: operando costantemente sul confine, fra congruenza ed incongruenza, fra utopia e ideologia, dove si colloca la frontiera della libertà.
X_city è una gigantesca macchina per la produzione di condizioni sociali.
È l’architettura della società liberata, che scarcerata da principi assoluti si dispone su di uno spazio libero, omogeneo, dove al suo interno non esistono e non devono esistere gerarchie o figurazioni spaziali condizionanti perché causerebbero una frattura della catena stessa.
X_city annulla ogni forma, azzera lo spazio, svuotandolo e spogliandolo lo rende illimitato ed indefinito come un campo neutro per poi procedere nell’immaginare le nuove forme di vita possibili.
Solo così lo spazio può ritrovare un suo equilibrio, instaurare un numero maggiore di interrelazioni, trasformarsi in una struttura stabile in grado di garantire una comunicazione sociale ed essere un’insieme di punti di distribuzione delle informazioni.
Così X_city è forma solo nella sua provocazione concettuale, il suo interno è neutro, vuoto, è ridotto a zero per fornire il maggior numero di gradi di libertà all’utente, lasciando aperta l’opera all’intervento.
Non addiziona linee guida, non suggerisce gesti, azioni.
Attende automazione e metodiche autocostruttive per raggiungere il concetto di autosufficienza.
X_city si pone come fabbrica di idee, come veicolo di energia.
X_city è il codice del montaggio.
È elasticità, flessibilità e trasformazione.
Stimola fenomeni di esibizionismo, di sperimentazione, di ricerca.
X_city sarà una gigantesca rete puntiforme, punti che simili a giganteschi ragni, si aggireranno per le città, si spingeranno nelle megalopoli, nei loro quartieri finanziari, nei loro suburbi emarginati, nei loro spazi politici, educativi, pubblici e privati. Qui annuserà tutti i bisogni dell’uomo contemporaneo.
Non si può prevedere che immagine potrà ottenere, quali saranno le nuove conquiste e quali gli spazi sconfitti e scomposti, ma di certo sarà il manifesto della città-società contemporanea.