Sempre più diffusi anche in Italia, gli spazi di lavoro condivisi rappresentano non solo un vantaggio dal punto di vista della riduzione dei costi e dello sviluppo di nuove relazioni lavorative, ma anche un’opportunità nuova per il mondo dell’architettura.
Il coworking è oggi una tendenza sempre più diffusa a livello globale: con questo termine, si indicano quegli ambienti di lavoro in cui più persone condividono uno spazio fisico anche se lavorando in settori diversi e tra loro indipendenti. Il concetto alla base del coworking, tuttavia, non è solo quello di condividere un ambiente, ma di arricchirsi reciprocamente creando uno spazio di condivisione che può portare a sinergie lavorative e nuove possibilità di networking.
Questa modalità di lavoro sta riscuotendo sempre più successo soprattutto tra i liberi professionisti, anche in contesto italiano. Specialmente nelle grandi città, prime tra tutte Milano e Roma, il numero di spazi di coworking sta aumentando nonostante le difficoltà ovviamente riscontrate a causa della pandemia. Se nel 2010 si potevano trovare appena 10 ambienti di questo tipo sul nostro territorio, secondo i dati del 2021 i coworking italiani sono oggi quasi 800, circa 1 per ogni 76000 abitanti.
Questa evoluzione delle forme e degli spazi del lavoro contemporaneo porta necessariamente con sé un’opportunità importante per il mondo dell’architettura e del design: è un nuovo concetto di ufficio che rappresenta la possibilità di essere un contenitore fertile per la nascita di relazioni ricche di potenzialità, idee ibride e trasversali e punti di contatto necessari tra lavoro e comunità. Architettura e interior design possono contribuire a questa trasformazione creando spazi di ufficio accoglienti e intelligenti, in grado di migliorare il benessere mentale dei loro ospiti e stimolare creatività e lavoro di squadra.
La riscoperta della dimensione umana
L’aspetto particolarmente interessante del coworking da una prospettiva architettonica e di design, è che questo tipo di spazio lavorativo tende a riportare al centro un elemento che, soprattutto dal 2020, è andato indebolendosi negli uffici: la socialità. Socialità vista come territorio fertile per la nascita di nuove idee e progetti, e per la quale l’organizzazione architettonica degli spazi può essere propulsore importante.
Gli spazi di coworking saranno allora pensati per aprirsi sulle strade della città, invitare gli abitanti del quartiere ad entrare, promuovere un maggiore scambio tra l’ufficio e la comunità esterna e abbattere fondamentalmente la barriera, fisica e concettuale, tra i due luoghi. L´ufficio stesso deve quindi riuscire a comunicare questa apertura: questo può avvenire da un punto di vista puramente architettonico, come la disposizione delle entrate e delle finestre, ma anche attraverso le scelte di interior design, come la stampa della propria mission su un vetro che si affaccia sulla via o la disposizione di sticker sul pavimento di ingresso per invitare i curiosi ad entrare.
Il cambiamento nella cultura d’ufficio
Parallelo alla riscoperta dell’elemento sociale dello spazio lavorativo, il coworking ha portato con sé anche uno swift nella cultura lavorativa che sta gradualmente coinvolgendo tutti gli spazi di ufficio. Questo cambiamento nasce da una generale rivalutazione della cultura d’ufficio, soprattutto da parte delle nuove generazioni, che va verso uno spazio non solo puramente lavorativo ma anche luogo di svago, incontro e stimolo.
L´architettura degli uffici va quindi ad arricchire lo spazio di elementi aggiuntivi, come box insonorizzati per la concentrazione e la privacy, piccole biblioteche per leggere nei momenti di pausa o angoli per il brainstorming pensati per creare un ambiente più informale e rilassato, magari arricchito di poltrone e tavoli da ping-pong, come successo da adidas a Herzogenaurach, in Germania.
Parola d’ordine: flessibilità
Elemento già propulsore per il ripensamento dei luoghi di lavoro legato allo smart working, la flessibilità diventa il fulcro dell’organizzazione architettonica e di interior design anche per gli spazi di lavoro condivisi. Flessibile è il nuovo modo di intendere il lavoro, e lo spazio che lo ospita deve essere in grado di riflettere questa identità. Le stazioni di lavoro smettono quindi di essere standardizzate e fisse per singolo lavoratore, per diventare spazi personalizzabili e luoghi per lavoro di gruppo e condivisione. L’ambiente viene ripensato per adattarsi a diversi contesti di lavoro, da quello individuale fino al workshop: scrivanie, sedie, poltrone e il resto dell’arredamento devono quindi essere facilmente riposizionabili, in uno spazio pensato per facilitare il movimento e la ricollocazione. Sì, quindi, a open space e mobili leggeri e diversificati, a sistemi di illuminazione personalizzabili e a opzioni flessibili per il distanziamento individuale qualora necessario.
Si tratta, fondamentalmente, dell’ultimo passo di un processo di trasformazione già in moto da diversi anni, nel quale la presenza del lavoratore in un ufficio non viene eliminata quanto ripensata, mantenendo il carattere promotore di idee, creatività e relazioni umane proprio del lavoro in presenza, in un nuovo contesto però più flessibile e incentrato sulle necessità del singolo e sulla condivisione. Contesto nel quale architettura e design hanno il ruolo fondamentale di dare forma fisica a un nuovo concetto di spazio.