L’incarico prevedeva la progettazione e la direzione lavori di un edificio che accogliesse definitivamente una giovane coppia con tre figli (l’ultimo si è aggiunto durante la progettazione di massima) al ritorno nel paese di origine da anni di spostamenti in giro per l’italia causa il lavoro del marito (calciatore).
L’area sulla quale si è intervenuti si trova all’interno di una delle tante lottizzazioni (quasi completata) ai margini di un piccolo paese della pianura padana; il lotto si offre con una forma assolutamente regolare con un angolo smussato da un incrocio stradale.
L’”architettura” degli edifici già realizzati nell’intervento di espansione (tutte residenze) lasciava forti dubbi sull’opportunità di colloquiare con le preesistenze.
A questi vicini dalle volumetrie intimidatrici, la casa contrappone una certa indifferenza.
Si confronta duramente ma anche malinconicamente con la realtà che la circonda i cui tratti sono purtroppo quelli della maggior parte dell’edilizia che attualmente viene realizzata nelle periferie del nostro paese.
L’intenzione progettuale ha preferito rivolgersi alle indicazioni (piuttosto precise) fornite dalla Committenza: l’abitazione doveva essere sufficientemente rappresentativa, evitare un eccesso di luminosità all’interno (?!), possibilità di godere della vista di una discreta collezione di quadri di De Chirico, tutto sommato intima ma con ambienti spaziosi per passare molto tempo assieme alla prole.
Era necessario ricavare uno spazio per dotare l’abitazione di una zona “benessere” per l’attività fisica quotidiana.
Nasce così un prisma puro nel quale vengono ricavati due piani che convenzionalmente offrono la zona giorno al piano terreno (più un garage per due auto) e le stanze da notte al primo piano.
Il solido “preesistente” viene successivamente “scavato” per creare alcune zone all’aperto al piano notte accessibili dalle tre camere da letto e da uno dei due bagni. Le aperture verso i terrazzi del primo piano diventano quindi un’operazione concettuale di sottrazione della superficie di facciata; ed i prospetti che ne derivano provano a non qualificarsi solamente come quinte bidimensionali; ma seguono una logica sottrattiva opposta al sistema additivo tipico delle costruzioni.
Gli scuri scorrevoli, infine, tentano di esaltare questa sottrazione di volumi marcando la “mancanza” con la loro tessitura uniforme in legno di cedro non trattato a contrasto con la candida superficie rasata a cappotto in bianco assoluto.
L’organismo risulta così semplice e lineare, architettonicamente immediato, ma con un carattere formalmente deciso e risoluto. Offre riservatezza e chiede separazione da ciò che lo circonda. Non ha fronzoli, non ha inutili indulgenze, è asciutta, sobria ed anche un po’ spiazzante.
La luce è uno dei materiali del progetto. Se dall’esterno l’edificio può sembrare scarsamente illuminato una volta entrati ci si rende conto dell’attenzione riposta affinché gli ambienti fossero ben irrorati di luce naturale. Al piano terreno, nell’ambiente unico del soggiorno e la preparazione dei cibi, le tre aperture di cui una sovradimensionata (ingresso) sono addirittura integrate dalla luce zenitale proveniente dall’esteso pavimento del terrazzo della camera da letto del primo piano.
Al piano notte la teoria dei quattro lucernari aiuta la captazione della luce zenitale due nei corrispondenti bagni sopra alle pareti a specchio, uno nella camera singola ed uno nella zana palestra/relax.