Premessa Il liceo Croce è dei più importanti istituti di Istruzione Superiore di Roma, per qualità didattica e per dimensioni. Tra le caratteristiche della scuola, l’ampia dotazione di spazi aperti. Questi spazi non sono mai stati oggetto di progettazione: si tratta per lo più di ampi prati punteggiati di alberi senza alcuna intenzionalità estetica e architettonica, privi di percorsi e di arredi, poco o per nulla utilizzati. Il sistema degli spazi aperti della scuola si compone inoltre di un ampio parcheggio asfaltato e di una corte interna. Quest’ultima è il cuore dell’edificio scolastico e rappresenta un luogo molto importante per coloro che abitano la scuola. Spazio di aggregazione e di incontro durante la ricreazione, la corte è il luogo dove si intrecciano i movimenti e gli sguardi.
Nel 2008 Marco Catalano, tour operator che ha organizzato per conto della scuola scambi culturali tra gli studenti del Liceo e studenti australiani, decide di promuovere il rinnovamento della corte, in segno di amicizia nei confronti dei ragazzi e dei docenti dell’istituto. Pochi mesi dopo Marco viene prematuramente a mancare. Suo fratello Luca, architetto e paesaggista, insieme ai suoi soci di Osa architettura e paesaggio, prosegue l’iniziativa e nell’agosto del 2009 la nuova corte-giardino del Liceo prende forma.
Stato dei luoghi La corte è uno spazio a pianta quadrata, di circa 400 mq (20×20 m). È racchiusa sue due lati adiacenti da un profondo porticato, sugli altri due lati da pareti in cui si aprono al piano terra le finestre delle sale della presidenza, della segreteria e degli uffici dei professori, al piano superiore le finestre di alcune delle numerose aule. Tra le due pareti porticate, una scala, disposta secondo la diagonale del quadrato, collega la corte con il piano superiore della scuola.
Le pareti della corte sono rivestite di mattoni, blu brillanti sono gli infissi delle finestre. Sulle pareti spiccano inoltre numerosi motori di impianti di condizionamento, oltre a una grafia molesta di discendenti e tubazioni.
Il pavimento è un lastricato di piastrelle di calcestruzzo con finitura in ghiaia lavata (dimensioni 40×40 cm), per ampie porzioni macchiato di cemento prodotto da precedenti lavori edilizi nelle aule adiacenti. La stessa pavimentazione ricopre anche i due gradini che risolvono il salto di quota di 40 cm tra la corte e i porticati laterali. Due rampe per disabili disposte lungo le due pareti chiuse della corte consentono di superare lo stesso dislivello.
Il sistema della vegetazione è poco significativo e in evidente degrado. È costituito da una bordura profonda circa 1 m lungo le pareti chiuse della corte, in cui sono disposte, senza alcun ordine apparente, piante di Lantana camara, Amaryllis, Tradescantia pallida “Purpurea”, Bouganvillea. In posizione centrale nella corte, al termine delle due rampe per disabili, due aiuole quadrate (1,5×1,5 m) ospitano due piccoli alberi di ligustro, in evidente sofferenza.
Il progetto Il progetto per il rinnovamento della corte ha preso avvio da alcune condizioni inderogabili:
– il divieto di realizzare opere edilizie che avrebbero richiesto lunghi iter di approvazione; questa condizione ha comportato, ad esempio, l’impossibilità di sostituire il pavimento esistente;
– l’introduzione di soli elementi di allestimento;
– l’impossibilità di rimuovere gli elementi tecnici e impiantistici presenti sulle pareti;
– il massimo contenimento dei costi, visto che l’opera era un regalo alla scuola in nome di Marco il cui costo gravava interamente su Osa;
– l’autocostruzione, ossia tutte le opere dovevano essere realizzate a mano da noi e da nostri collaboratori.
A ciò si aggiungono condizioni più consuete: che gli oggetti e la vegetazione introdotti richiedessero minima manutenzione, fossero poco vandalizzabili, fossero resistenti e naturalmente non pericolosi.
Anche per via di queste condizioni, il progetto è nato un po’ alla rovescia, a partire cioè dai materiali a disposizione o che si potevano facilmente reperire, più che da un’idea iniziale. O forse le due cose sono andate di pari passo.
Infatti, per una fortunata coincidenza, nello stesso periodo in cui pensavamo al progetto del giardino nel comprensorio dove Marco aveva abitato stavano sostituendo i lampioni per l’illuminazione stradale, ponendo dei nuovi pali alla moda al posto delle tradizionali bolle in vetroresina. Le bolle trasparenti erano lì ammucchiate pronte per essere portate in discarica, ma valutata la resistenza del materiale e il grande interesse formale dell’oggetto, abbiamo pensato di impossessarcene e di trasformarle nel primo ingrediente della corte- giardino.
Posate sul pavimento, le bolle di vetroresina sono delle perfette sedute, di altezza giusta e anche piuttosto comode. Abbiamo allora immaginato di disporre nella corte liberamente le sfere come delle biglie, in piccoli gruppi, come delle famiglie. Le abbiamo dipinte di rosso, per renderle irriconoscibili e astratte, per trasformarle in oggetti misteriosi ma al tempo stesso familiari, come delle grandi mele o delle biglie, appunto.
Le sfere erano dieci, tante quante eravamo riusciti a recuperare dal macero, e sono state disposte nella corte in tre gruppi di tre più una sfera solitaria. L’idea è che fossero dei personaggi, dotati di un loro temperamento, che si dispongono insieme o isolati. A ciò corrisponde anche una diversa possibilità di uso: ci si può sedere in gruppi, a creare dei salotti conviviali, oppure per conto proprio, da soli. Ci si può sedere di fronte, di spalle, in due; ci si può sedere per terra e usarle come schienale; le si può cavalcare, ci si può stare su con le gambe incrociate … Questo è quello che ci hanno insegnato gli studenti della scuola che immediatamente hanno adottato le sfere.
Le sedute rosse sono il primo sistema del giardino.
Il secondo sistema è costituito dalla vegetazione. Anche in questo caso la necessità di non realizzare opere edili ci ha portato ad utilizzare gli spazi per le piante già presenti.
Inizialmente pensavamo di introdurre delle biglie verdi accanto a quelle rosse: sfere di Boxus sempervirens avrebbero punteggiato il pavimento mescolandosi con le sedute. Abbiamo però desistito per ragioni evidenti: il costo altissimo di arbusti conformati ad ars topiaria, la necessità di una manutenzione assidua e accurata nel tempo, la delicatezza della pianta a fronte di un uso intenso della corte da parte degli studenti.
Abbiamo perciò ridotto gli interventi di planting alla bordura e a due alberi.
Per la bordura abbiamo adottato il principio della uniformità. A dispetto di una parete punteggiata da numerosi e diversi oggetti in stridore tra di loro, si è scelto di eliminare l’eterogenea vegetazione esistente e di sostituirla con una sola pianta che fosse in grado di ricoprire l’intero bordo. Così oggi un cuscino di Pittosporum tobira “Nanum”, a portamento basso e rotondeggiante, costituisce una bordura uniforme, compatta, densa e morbida. È una pianta rustica, adatta al nostro clima, che non richiede particolari cure e manutenzione. Le foglie sempreverdi, coriacee e lucide, in primavera si arricchiscono di abbondanti e prolungate fioriture, con piccoli numerosissimi fiori bianchi, di consistenza quasi cerosa, e dal profumo che ricorda quello di un arancio. È particolare anche nel tardo autunno quando si schiudono le capsule contenenti lucidi semi rosso vermiglio, in contrappunto al rosso fulgido delle sfere-sedute.
Nelle due aiuole quadrate centrali, abbiamo sostituito le piante esistenti con due alberi di Brussonetia papyrifera, che abbiamo trovato già grandi ai vivai Margheriti di Tor San Lorenzo. È il gelso della carta, utilizzato in passato per la produzione delle pergamene, oltre che per alimentare i bachi da seta. Sono due begli alberi decidui, dalle foglie di colore grigio-verde e ruvide sulla pagina superiore, bianco tomentose sulla pagina inferiore, sensibili al vento al cui minimo soffio tremano in modo molto coreografico. Crescendo, le loro chiome si espanderanno quasi a coprire l’intero giardino, portandovi una piacevole ombra durante l’estate, in inverno lasciando invece posto alla luce e al cielo. I fiori sono pressoché insignificanti; più interessante il frutto, che è un soroso (come la mora di gelso), sferico, di 2 cm di diametro, di color arancio-rossastro a maturità. Immaginiamo queste piccole sfere rosse in autunno disperdersi sul pavimento animandolo di colore.
Il terzo sistema è infine il pavimento. Come già detto non potevamo sostituirlo, né ricoprirlo. Abbiamo allora pensato di dipingerlo, ma i dirigenti della scuola hanno espresso delle perplessità su questa scelta. Abbiamo allora optato per una grafia, leggera e sottile che disegna il suolo rinnovandolo senza modificarlo sostanzialmente. Si è adottato un motivo di foglie, disposte a creare una scia, che idealmente potrebbe essere prodotta da un vento che viene da lontano, penetra nella corte e ne disegna il pavimento. Le foglie, dipinte con la stessa vernice utilizzata per le strisce pedonali e per la segnaletica stradale, ricoprono anche i gradini e si inoltrano nel portico, annunciando il giardino e invitando alla visita.
In molti ci hanno chiesto il significato del progetto, soprattutto gli studenti del liceo, quelli grandi, degli ultimi anni, ansiosi, come forse è naturale alla loro età, di trovare spiegazioni e coerenza nelle cose del mondo. La risposta migliore l’ha data un nostro piccolo amico biondo e riccioluto: si chiama Vincenzo, ha tre anni e il giorno dell’inaugurazione mi ha tirato per la mano e mi ha detto: “Dai vieni, giochiamo ai pianeti…”
Fasi di realizzazione
1-18 agosto 2009
OPERE PREPARATORIE
1. Pulizia delle bolle di vetroresina
2. Pittura della superficie interna delle bolle con smalto acrilico rosso
3. Stesa di vernice trasparente protettiva sulla superficie interna delle sfere
4. Preparazione delle basi di ferro con anima anch’essa in ferro per l’ancoraggio delle sfere al pavimento (con aiuto del fabbro)
5. Preparazione delle maschere di pvc con le sagome delle foglie
A PIÈ D’OPERA
6. Rimozione della vegetazione esistente
7. Diserbo del pavimento esistente, abitato nelle fughe da piante spontanee
8. Taglio con frullino delle piastrelle di cemento del pavimento in corrispondenza della posizione delle sfere
9. Rimozione con scalpello del sottofondo di malta cementizia delle piastrelle a formare delle buche quadrate profonde circa 10 cm
10. Stesa di cemento autolivellante sul fondo delle buche quadrate
11. Incollaggio della ghiera in alluminio di cui le sfere (in quanto ex lampioni) sono dotate sulle basi in ferro prima predisposte
12. Posizionamento delle basi di ferro per l’alloggiamento delle sfere e successiva gettata di cemento per fissaggio
13. Formazione di strato di ghiaia fine sul getto di cemento ancora fresco per uniformare il pavimento alle restanti piastrelle già esistenti (il “croccantino”…)
14. Ancoraggio delle sfere avvitandole alle proprie ghiere
15. Foratura della sommità delle sfere con trapano con punta a tazza
16. Getto di calcestruzzo all’interno delle sfere
17. Rimozione di piastrelle di pavimento in corrispondenza del passaggio dell’impianto di irrigazione tra la bordura e i tornelli degli alberi e successivo ripristino delle piastrelle intatte (sic!)
18. Messa a dimora degli alberi
19. Messa a dimora della bordura di pitosporo
20. Messa a dimora di letto Pachisandra come coprisuolo nei tornelli degli alberi
21. Sistemazione dell’impianto di irrigazione ad ala gocciolante
22. Pulizia del pavimento esistente con idropulitrice
23. Pittura delle foglie sul pavimento
Materiali
Sfere di vetroresina da lampione stradale (materiale di recupero)
Cemento autolivellante
Cemento per getto di riempimento sfere
Ghiaia
Basi e armature sfere in ferro
Vernice a smalto acrilica rossa
Vernice bianca per segnaletica stradale
Due alberi di Brussonetia papyrifera
30 piante adulte di Pittosporum tobira “Nanum”
50 piante piccole di Pachysandra terminalis
Costo dei materiali circa 6.000,00 euro