Chiude la rivista L’Architettura

…nostre, le sue riflessioni.

di Paolo Marzano

La rivista L’Architettura Cronache e Storia, ha chiuso i battenti. L’avvenimento, com’era previsto, ha innescato, nelle pagine delle maggiori riviste on-line, una matura discussione, interessante sicuramente importante che mostra quanto sia stata di riferimento per gli appassionati e gli studiosi di architettura, questa storica rivista italiana. Non voglio entrare in merito ai motivi della chiusura, che pur sono stati accennati nella dinamica discussione di questi giorni in rete, ma voglio riflettere sull’accaduto, da persona appassionata che si è cibata del suo enorme bagaglio culturale, prima da studente ed ora da professionista. La visione dell’architettura di Bruno Zevi, è una realtà; a questa realtà, l’insuperabile professore ci ha preparato e sostenuto con la pubblicazione, non solo de L’Architettura Cronache e Storia , ma con le molteplici pubblicazioni dei diversi testi per cui la verifica dell’applicazione delle sue metodologie interpretative, aiutava ad osservare quell’architettura in continua trasformazione. La vita della rivista L’Architettura, era legata direttamente alla sua determinante e fondamentale figura critica, scomparsa questa, purtroppo, non doveva altro che verificarsi quello che poi lentamente è successo. Corrisponde, infatti, alla visione concettuale aderente, secondo me, all’atteggiamento di Bruno Zevi. E ora? Ne ho già parlato in un altro scritto on-line Simulazione d’assenza di 4 o 5 anni fa, di questo gioco strano di accadimenti storici. Il prof. Bruno Zevi ci ha accompagnato alla soglia di questo millennio, dichiarando la vittoria dell’architettura moderna e contemporanea, indicandoci un orizzonte nuovo. Consapevole, già, dal Manifesto di Modena, ha mostrato grande fiducia nelle possibilità espressive di una nuova stagione architettonica e, in uno degli ultimi suoi scritti risalenti al 22 settembre del ‘99, chiude con un riferimento storico, il cui valore trascina sconvolgendo quella che sembrava una conclusione e azzarda un’ipotesi futuribile, con un atteggiamento coerente testimone di una vita diversa, “non in riga”. Egli delinea, infatti, la sua grandezza culturale lanciando con autorevole compiacimento quella che, con parvenze poetiche, deve leggersi, secondo me, come una vera profezia. Vedere lontano, d’altronde, anche oltre i propri limiti, è sempre stata una caratteristica dei grandi personaggi. Lo scritto rivela: “[…] va ricordato quanto diceva Leonardo sulla necessità di tener conto delle nebbie, delle foschie, delle sbavature, delle albe, delle piogge, del clima ingrato, del caldo, delle nuvole, degli odori, dei tanfi, dei profumi, della polvere, delle ombre e delle trasparenze, degli spessori dolci quasi sudati, delle evanescenze fuggevoli. Adesso l’architettura è attrezzata per captare tali valori”. Ora dal manifesto di Modena vorrei ricordare quanto egli comunica all’assemblea nella conclusione : “[…] Io sono felice perché so che, in qualsiasi momento, sentendomi mancare, posso rivolgermi a voi, dicendo: continua tu, tu, tu, tu. Grazie.” Eredi culturali diretti? Sono i suoi appassionati sostenitori. La libertà dell’architettura vive dove esiste la dinamicità della ricerca e non dove ristagnano parole e teorie di dotte conventicole. E’ vero che dalle nuove possono arrivare vecchi messaggi , questo è il rischio! Ritengo che, per la sua visione, non è certo la chiusura della rivista che lo avrebbe preoccupato, ma della tendenza del piangersi addosso, invece di scatenare altre battaglie per come l’architetturra o la figura dell’architetto viene trattata in Italia. L’Architettura Cronache e Storia, rinascerà dalle sue ceneri? O forse no? Non sarà certo la stessa che conosciamo! I messaggi del prof. Zevi, sono sicuro viaggiano e viaggiano veloci. In questo momento non c’è lui (purtroppo) e non c’è la sua rivista. Quanti di noi hanno nella loro personale libreria, in uno scaffale o forse più, i suoi testi, essi funzionano tutt’ora; se sono stati letti attentamente inizieranno a funzionare. Sono degli schemi strategici con piani di battaglia indicati, è stato il suo messaggio per tanto tempo; un imperativo deciso dal tono declamante marinettiano, lo ricordiamo tutti; la battaglia continua, ci ha allenati al metodo di ricerca, a stare attenti alla lettura dei codici dei segni e alle interpretazioni veloci e tendenziose, ci ha addestrati per stanare la retorica e intrappolare la ripetizione ciclica di rigurgiti architettonici sterili travestiti da modernità. Il suo messaggio viaggia nelle menti di intere generazioni di architetti e appassionati sostenitori della sua coerenza intellettuale. Della rivista L’Architettura, penso che questa interruzione, sia la chiusura di una bellissima avventura di cui tutti noi possiamo solo raccontarne orgogliosamente le vicende. Risuscitandola sarebbe azzardato perché non avrebbe lo stesso impatto. Mai più calzante, e sempre aderente alla tipologia del discorso, trovo la nota di Bruno Zevi, adatta per concludere definendo la situazione del momento architettonico che viviamo, quando citando Pasolini dice: “[…] una luce matura, dolce, di catastrofe, illumina di taglio le cose”. Avendolo letto per tanto tempo, diventa chiaro che non ci ha lasciato soli, basta uno sguardo sulle contemporanee riviste patinate, che fungono a volte da cataloghi fotografici per scegliere il miglior rendering da applicare ad architetture troppo autoreferenziali decontestualizzate dal tempo …allora basta una penna, una matita, un mouse e la battaglia continua!

La Redazione
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